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Un mormorio si alz dalla folla, mani affusolate si allungarono e cominciarono a
spingerlo verso il pianoforte.
Mentre cercava di opporsi debolmente cominci a scaldarsi le dita, recitando per
se stesso e per gli altri la parte del recalcitrante. Eppure sapeva che non avrebbe
potuto resistere, non questa volta. Erano pi di novant anni che non suonava. Era
arrivato al limite. La scossa elettrica che lo pervase quasi lo fece stramazzare a terra.
Dominique lo calamitava con i suoi occhi di ghiaccio, i cinque elementi fruscianti
dalle dita: aria, acqua, terra, fuoco e anima. Le loro emanazioni lo circondarono come
fantasmi, e lui si ritrov seduto sulla panchetta davanti alla tastiera d avorio.
Tra gli altri c erano Delacroix, Einstein, Cicerone e Leonardo. Poteva avvertire i
loro sguardi di rimprovero puntati su di lui.
trascorso il tempo delle esibizioni, del genio innaturale che sconvolgeva
queste creature. Adesso dobbiamo confonderci, dobbiamo somministrare la nostra
energia con parsimonia, se non vogliamo esaurirla prima che arrivino a prenderci.
Ma lui era stato stregato. Dagli occhi di Dominique e dal ritmo arcano che gli
ribolliva nel sangue.
Forse non c era nessuno degli altri, la missione era stata affidata a lui solo. Gli
sguardi severi che vedeva erano offuscati, c era un pentagramma ricco di suoni
davanti ai suoi occhi, inciso nella sua mente.
Flett le dita diverse volte, inclin la testa come non faceva da tempo.
Nella grande sala cal il silenzio quando i polpastrelli incontrarono l avorio.
Esegu l opera numero 7, la Sonata in Mi bemolle maggiore per pianoforte. Avrebbe
compiuto duecento anni l anno venturo, ma il timbro, la potenza e tutto il sapore
primevo erano ancora custoditi nelle sue dita e nel ventre del pianoforte.
4
Joachim Waldstein? Un nome difficile. Tedesco? O forse austriaco?
Le dita lunghe e affusolate inseguivano l architettura complessa e gloriosa del
Concerto n. 4 sulla tastiera, adulando l avorio e accarezzando l ebano con lo stesso
slancio che avrebbe potuto essere profuso ad un amante. Il circolo di persone attorno
al pianoforte era distratto ed eterogeneo, due uomini in giacca e cravatta, un anziana
insegnante di greco antico, una donna attraente a cui il caldo, l impegno formale e la
tensione della serata stavano liquefacendo l impalcatura cosmetica... e poi quel
ragazzino efebico con gli occhi annegati in qualche perduto sogno di libert negata.
Joachim Waldstein non alz lo sguardo e non rispose alla domanda, a quella voce
rauca che si faceva largo a spallate tra le sonorit lucenti del rond finale, uno
sbocciare di vita e fiamme metodiche che risentiva dell acustica di quel vasto salone
senza tendaggi, stucchi e arazzi di rilievo, e con il rimpianto nel cuore per l assenza
degli archi, dei clarinetti, dei corni, del flauto, delle trombe, dei fagotti e degli oboi
che insieme ai timpani avrebbero dovuto accompagnare il Concerto trascinandolo
verso il finale con l incanto indispensabile dell orchestra, strinse le mascelle, affond
nel vivace e raccolse i rari, preziosi brandelli di ricordi che come per incanto la
musica riusciva a recuperare dal baratro insondabile del tempo.
Ma forse un nome d arte. Fa chic farsi passare per austriaci se si esercita
questo mestiere, non vero? Ve l immaginate un americano, un inglese o un
pakistano che eseguono Mozart?
Il Concerto fior con un grappolo audace di note che erano anche il canto disperato
di una protesta vana, ma il ragazzo efebico storse la bocca e si rivolse all anziana
insegnante.
Non Mozart. Questo Ludwig van Beethoven.
Joachim Waldstein riapr gli occhi, trasecol nel rendersi conto che gli stucchi e i
broccati erano un ombra pallida nella sua immaginazione, e prov a respirare. Era
difficile farlo quando ci si rendeva conto di essere morti da secoli. Non fisicamente,
in quella carne incorruttibile, bens nell anima, nella parte pi limpida e sincera della
propria essenza.
La vecchia insegnante sorb il suo drink e si strinse nelle spalle rachitiche.
Beethoven, Mozart disse cercando sostegno nello sguardo annoiato dei due
uomini in giacca e cravatta che differenza fa? Non mi riferivo alla musica in s ma
ad un intera epoca. L Austria ha dominato il mondo, da questo punto di vista. Se
volevi essere qualcuno dovevi trasferirti a Vienna e dimenticare le tue radici.
Joachim Waldstein attese che la goccia di sudore che gli si era fermata per un
attimo sulla tempia scivolasse verso il basso, evaporando nel calore del ricevimento,
poi scost la panchetta e si alz.
Scusatemi disse, piegandosi in un leggero inchino d altri tempi ho
bisogno di rinfrescarmi.
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