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na, e basta un passo falso per il crollo. Ragionando così,
con tanta doppiezza persino nei confronti di se stesso 
perché la verità era che, in ogni persona nuova che s av-
vicinava al Doberdò, fosse uomo o donna, egli vedeva
un concorrente  egli s era sempre cautelato. Era con-
vinto che il saperne in più degli altri, su certa gente,
equivalesse ad averci un assegno in bianco, anche se le
informazioni risultavano spesso oziose e inutile il lavorio
per averle.
Non c era stata, dunque, avventura sentimentale del
Doberdò, non del tutto fugace, in cui lui non avesse ro-
vistato, magari con l aiuto discreto dell autorità. «Non si
sa mai,» diceva «può sempre servire...» tanto più che,
terza pedina da giocarsi qualora ne valesse la pena, c era
sempre la Clementina, che poteva scuotersi dal suo
sprezzante disinteresse per le vicende erotiche del mari-
to, e chiedere ragione.
Stavolta, poi, s aggiungeva il rancore, per cui il Gaz-
za, il pomeriggio dopo, trascinandosi dietro il Questore
Mazzullo, lungo il binario della stazione dove stava arri-
vando il direttissimo per Roma, buttò lì una di quelle
sue mezze richieste che il signor Questore sapeva coglie-
re al volo così bene; tanto che un giorno il Gazza, riden-
doci col Doberdò, aveva detto del Mazzullo: «Quello lì
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Alberto Bevilacqua - La califfa
è come un cane allappato, non c è neanche bisogno che
gli butti l osso, basta solo che fai la mossa e quello par-
te...».
In effetti, il rapporto tra i tre era più o meno questo:
che come Sgorbati stava a Doberdò, così Mazzullo stava
al Gazza. Poteva forse, il signor Questore, dimenticarsi
di come quel foglietto con su scritto «brillante, ottimo,
promettente funzionario!» che era rimasto infilato per
anni in un mollettone da memorandum su uno dei tavo-
li meno qualificati dell Ispettorato Generale della Poli-
zia, s era visto d improvviso infilare in ben altri mollet-
toni, finché un giorno il Mazzullo, con moglie figlio e
cameriera, s era ritrovato, circondato di valigie, nel piaz-
zale di quella stazione e aprendo le braccia, mentre il
Gazza gli andava incontro, aveva esclamato: «Giacinto,
Giacinto caro! Grazie!...»? Ed era seguito un abbraccio
in cui il Gazza era scomparso, piccolo, nella gran mole
dell altro.
Era dunque logico quello che alla gente, invece, appa-
riva poco chiaro: che cioè un Questore, per di più
dall aspetto autorevole come il Mazzullo, stesse ad
aspettare l imbeccata e si prestasse persino a fare da au-
tista, quando il Gazza partiva per Roma, con quel muc-
chio di pratiche nella cartella e ogni pratica aveva un no-
me, un caso, una ditta.
C erano appunti su ogni carpetta e il Mazzullo, men-
tre il Gazza si avviava a fare il biglietto, aveva l autoriz-
zazione di curiosarci, tanto più che, molto spesso, anzi
troppo e con gran rammarico del signor Questore, una
carpetta portava il suo nome, con il Gazza che gli dice-
va, allontanandosi attraverso l atrio: «Guarda, guarda...
Controlla un po se tutto è a posto».
Mazzullo sfogliava, scorrendo quei freghi a matita
rossa e blu, incisi con fretta sul cartoncino; numero uno:
«morte signora Farinacci  complesso ereditario. Insi-
stere!!»; numero due: «Pedrelli Riferimenti autostrada-
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Alberto Bevilacqua - La califfa
sole  arbitrarietà esproprio!»; numero tre: «Partita
smercio prodotti tipici Doberdò gruppo jugoslavo  fa-
cilitare!  Urgentissimo!!!»; e, infine, numero quattro,
dove ci stava scritto soltanto: «Mazzullo!».
Il signor Questore scostava appena i fogli che lo ri-
guardavano senza estrarre la carpetta, esitando, come se
temesse di rivedersi ancora una volta sotto gli occhi quei
documenti, perché c era sempre qualche rogna che ci
smaniava dentro, grazie ai gineprai abbastanza frequenti
in una città difficile come quella, rogne che solo il Gazza,
a onor del vero con unghie abilissime, sapeva grattare.
Partiva per Roma proprio anche con questo proposito, il
Gazza, e dopo il suo più recente fallimento elettorale, la
sua attività principale era quella: di scendere a Termini,
posare la valigia in un albergo, farsi una doccia e comin-
ciare, come diceva lui, «a orientare la bussola verso gli an-
goli giusti dei ministeri... ma bisogna averci l ago magne-
tico! L ago magnetico, altrimenti cosa combini?...».
Lungo quelle scale e quei corridoi, egli era un pesce
che ritornava nella sua acqua migliore, e sapeva come si [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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